“… Lumiére, Méliès. Gaumont. Feillade.
Questi sono cognomi.
Veri cognomi: cognomi d’uomo. Senza nome…
Io… Alice. Alice Guy. Guy chi? Chi é?”
(Nicole-Lise Bernheim,’75       in “Alice Guy, la fata dei cavoli. Memorie di una pioniera del cinema”. Lestoille, 1979)

Alice Guy è stata la prima ad immaginare che il cinema sarebbe stato qualcosa di più di una serie di treni in corsa e strade affollate.
Nel 1896 ha girato La Fée aux choux, il primo film con un vero e proprio intreccio … Eppure è stata per molto tempo dimenticata.
“Alice Guy, nata il 2 luglio 1873, prima donna regista del mondo. Lei dissoda e gli altri raccolgono. Lei innova e gli altri ricevono la gloria. Lei apre la strada ma non vedrà mai gli allori …”.  Così inizia l’introduzione di Claire Clouzot, alla prima edizione dell’Autobiografia di Alice Guy: La fata dei cavoli. Memorie di una pioniera del Cinema.
Le memorie di Alice Guy, oltre che un documento di grande valore sui tempi degli inizi del cinema, sono la testimonianza della contrastata esperienza di una donna estremamente creativa.

Era la primavera del 1896 quando, prima tra i registi, una ragazza di 23 anni, volitiva e insieme cortese, che faceva la segretaria a Parigi presso gli studi Gaumont, girava alcuni metri di pellicola che intitolava “La femme aux choux, ou la naissance des enfants“. Vi raccontava come nascono i bambini, sotto i cavoli, naturalmente: enormi cavoli di legno sparsi per terra, sullo sfondo di un lenzuolo bianco una donna giovane entra e esce dalla scena e raccoglie un neonato piangente da sotto uno dei cavoli. Fine.

E’ il primo film di finzione della storia del cinema. La regista è Alice Guy

Il film è a colori, come si faceva alle origini, colorato a mano della “operaie del colore” che erano delle vere e proprie artiste della miniatura: con un pennellino sottilissimo ed una lente di ingrandimento acquerellavano con le aniline fotogramma per fotogramma, trasportando sulla pellicola l’arte e l’esperienza sottile del ricamo con il suo esercizio di motricità fine.

Nel 1973 a Parigi si incontrarono alcune donne francesi, nord-americane e del Quebec, per capire qualcosa di più sull’apparente assenza delle donne dal cinema; iniziarono a raccogliere informazioni e film. Nasceva così l’associazione Musidora che nel 1974 organizzò il primo festival di film di donne. Alcune cineaste del gruppo presero contatti con l’American Film Studio a Washington, così Dana Sardet si mise in contatto con Anton Slide che aveva raccolto – e le affidò – il manoscritto di Alice Guy e due suoi film del periodo americano.

Nella seconda metà degli anni ’90 le organizzatrici del Festival Internazional Films de Femmes di Creteil/Paris, in continuità con quella prima esperienza di ricerca storico-critica, hanno curato un prezioso “pacchetto” di film di Alice Guy, dalla Cinèmateque Gaumont, e ne hanno permesso felicemente la visione in diverse rassegne dall’Europa al Giappone.
Così quelle sere di settembre ’97 il lavoro di Alice Guy ha illuminato gli schermi della Casa dello Studente anche per noi a Cagliari, accompagnato in sala dalla musica amica di Irma Toudjian, che vi ha lavorato durante l’estate per comporla, ed introdotto dal breve docu_menteur in 16mm del 1975 Qui est Alice Guy? di Nicole-Lise Bernheim e da Pasqualina Mercurio, laureanda, da Orgosolo a Bologna, la prima che ci risulti abbia fatto una tesi in Italia su Alice Guy.

Sage femme de premiére classe 1902, 4’
L’enfant de la barricade 1907, 4’
La vie du Criste 1906, 30’
Madame a des envies 1907, 5’
Alice Guy tournant une phonoscene 1904, 4’
Mayol chante “Question indiscrete” 4’
Eval chante “Chemineu, chemine” 4’
Mercadier chante “L’amant de la lune” 4’
Dranen chante “Le vrai Jiu Ji6su” 4’

Alice Guy è morta il 28 marzo 1968: la sua Autobiographie d’une pionnière du cinema, scritta tra il 1941 e il 1953, anche con la precisa intenzione di puntualizzare le non poche inesattezze presenti nel I° volume della Histoire générale du Cinema di G. Sadoul, rifiutata, lei in vita, dagli editori che non la ritennero interessante, è stata pubblicata a Parigi nel 1976 a cura di Nicole-Lise Bernheim e Claire Clouzot e in traduzione italiana due anni dopo dalla Editrice Lestoille.

Da allora non è stata più riedita, né è facile trovarla nelle biblioteche anche quelle specializzate. Si può trovare però in alcuni Centri di Documentazione e Biblioteche delle donne, che sono dei preziosi luoghi di conoscenza e ricchissimi archivi di storia del Novecento.

Così racconta di sé:
In quanto figlia di un editore, avevo letto molto e non poco ritenuto. Da dilettante avevo fatto un po’ di teatro e pensavo che si sarebbe potuto fare di meglio. Facendomi coraggio, proposi timidamente a Gaumont di scrivere una o due scenette e di farle recitare ad alcuni amici. Se si fosse previsto lo sviluppo che avrebbe preso la cosa, non avrei ottenuto questo consenso. La mia giovinezza, la mia inesperienza, il mio sesso, tutto era contro di me. Tuttavia ottenni il permesso, ma con la precisa condizione che tutto ciò non avrebbe interferito sul mio lavoro di segretaria. (p64)

Nel marzo del 1985, se i miei ricordi sono esatti, una lettera del mio professore di stenografia mi avvisava che il Comptoir général de Photographie cercava una segretaria… con che batticuore e con quanta speranza entrai nell’edificio che ancora oggi occupa l’angolo tra rue Saint-Roch e avenue de l’Opéra, nascondendo alla meglio la tasca un po’ logora del mio cappotto invernale. (p47)

Quando Gaumont ricevette la visita di due amici:
August e Louis Lumière erano venuti per invitalo a partecipare ad una serata in cui avrebbero presentato, alla Società d’incoraggiamento per l’Industria nazionale, un nuovo apparecchio di loro invenzione. Assistei al colloquio e quindi fui invitata… Quando arrivammo al Gran Cafè, al 14 di Boulevard des Capucines, c’era un lenzuolo bianco disteso contro un muro della sala; dall’altra parte uno dei fratelli Lumière maneggiava un apparecchio simile a una lanterna magica. Furono spente le luci e vedemmo apparire, su questo schermo di fortuna, la fabbrica: si aprirono le porte e ne uscì la folla di operai che gesticolava e rideva. Poi fu la volta dei film che in seguito diventarono dei classici: l’arrivo del treno alla stazione, l’annaffiatore innaffiato, etc. Stavamo assistendo alla nascita del cinema. (p63)
… In ogni caso, sia Gaumont che Lumière s’interessavano soprattutto alla realizzazione delle parti meccaniche: sarebbe stato un apparecchio di più da mettere a disposizione della clientela. L’importanza che potevano avere le riprese in quanto strumento d’educazione e di distrazione, non sembrava averli colpiti.
 (p64)
… nel 1896 non esistevano sindacati. La settimana lavorativa era di sei giorni, a volte anche sette; le ore di presenza illimitate… A Belleville, vicino a laboratori di stampa delle fotografie, mi fu concessa una terrazza… fu in questo palazzo che feci i miei primi esperimenti… sempre su questa terrazza, grazie alla buona volontà del mio scarso personale, ai consigli e alle lezioni di Frédéric Dillaye(…), all’esperienza acquisita di giorno in giorno e al caso, scoprimmo cento piccoli trucchi…
 i miei lettori, se ne avrò, devono rendersi conto delle condizioni in cui lavoravamo… (p66-68)

I film sonori:

…fu sempre in questa piccola terrazza che facemmo le prime prove di scene parlate con il “cronografo”: le canzoni e la musica erano registrate nei laboratori su un cilindro di cera…(p71)

Alice Guy fu la prima, tra i registi, a filmare fonoscene: prime pionieristiche prove di film sonori. Tra il 1900 e il 1907 ne gira più di 100.

I film colorati:

… molti nostri film erano colorati. Due operaie davanti ad alcuni tavoli organizzati come quelli che oggi servono per il montaggio, con una lente da orologiaio sull’occhio, coloravano con sottili pennelli e colori trasparenti le immagini in cui i personaggi erano in miniatura. Si può immaginare la meticolosità e la pazienza necessarie per questo lavoro quando si conosce l’ingrandimento che subiscono le immagini durante la proiezione… Mi dispiace di non ricordare il nome di queste operaie che certamente meriterebbero di essere citate alla stregua dei più noti collaboratori. (pp74-75)

Tra il 1896 e il 1907 Alice Guy diventa Direttrice del Servizio teatri di posa per le riprese si occupa cioè di tutta la parte produttiva e artistica della Casa Gaumont: cura la regia, controlla il gruppo di lettura dei soggetti, le convocazioni degli artisti, i laboratori e i depositi di scena, di falegnameria e costumi (vale a dire ricopre i ruoli in seguito differenziati di: regia, direzione di produzione, direzione artistica e segreteria di produzione).

(…) questo periodo fu per me difficile. Mi avevano lasciata sola ad affrontare le difficoltà iniziali, a dissodare il terreno, ma l’affare diventava interessante, senza dubbio lucrativo, e quindi me ne contestavano aspramente la direzione. Tuttavia ero combattiva e…decisero di lasciarmi a capo del servizio…(p.72)

Aveva fatto assumere, nel frattempo, come assistenti F. Zecca, V. Jasset e L. Feillade: Louis Feillade fu suo assistente e sceneggiatore dal 1905
… avevo fino ad allora lavorato sola. Dopo qualche mese mi furono dati due assistenti, uno dei quali, Feillade, spicca nel numero dei primi animatori; una segretaria, Ivonne Serand, che faceva da comparsa in la Fée aux choux… ed infine Menessier, pittore e decoratore, la cui collaborazione mi fu preziosa e che più tardi mi raggiunse negli Stati Uniti… Tutti i lunedì discutevamo insieme del lavoro della settimana. Lo studio diventava un vero e proprio alveare. Realizzammo così tutta una serie di film comici, inseguimenti, cadute, acrobazie, che si chiamavano slapsticks.(pp.77-78)
…riuscii a mantenere il mio posto fino al 1907, cioè per undici anni.(p.72)

Alice Guy ha realizzato tra Parigi e gli Usa, dove si è recata dal 1909, circa 500 film e 200 fonoscene. Ha concluso la sua attività di regista cinematografica nel 1922, dopo il fallimento della sua casa di produzione americana, la Solax film (1910-1920).

Così racconta, del periodo dopo il ’22, Simone Blaché-Bolton, figlia di Alice Guy, in una lettera alle editrici francesi dell’Autobiographie:
 eravamo diventati poveri, poiché mia madre, poco alla volta, aveva venduto i suoi averi per permetterci di vivere. Dedicandosi a noi e trasformandosi in cuoca, cameriera, sarta, ha potuto farci crescere senza privazioni fino a quando abbiamo cominciato a guadagnarci da vivere. Mia madre per integrare provò a scrivere brevi novelle, alcuni racconti per bambini e un po’ di sottotitoli. Nel ’36 trovò una casa editrice – le edizione Offenstadt – che pubblicò i suoi racconti, novelle e riassunti di film…
… Durante il nostro soggiorno a Parigi, nel 1955, grazie agli sforzi di amici quali Gaumont e la Cineteca Francese, mia madre fu decorata con la Legion d’ honneur per il suo ruolo di pioniera del cinema, un onore al quale fu particolarmente sensibile…era allora costantemente invitata alle conferenze dagli storici del cinema e d
ai giornalisti. Apparve alla televisione belga ed alla R.T.F.
La sua attività continuò allo stesso ritmo fino al 1964, quando fu vittima del primo attacco cerebrale… morì il 24 marzo 1968.
Avendo vissuto con lei la maggior parte della mia vita, vorrei aggiungere che mia madre era di natura ardente e generosa e dotata di un’energia e di un entusiasmo eccezionali. Era di natura ardente e generosa e dotata di un’energia eccezionale. Aveva un’intelligenza aperta e sempre piena di curiosità per le novità scientifiche e letterarie. Il suo profondo amore per la natura e il suo entusiasmo per la vita erano contagiosi…è a lei che devo la maggior parte della mia felicità.

Oltre all’autobiografia Alice GuyLa fata dei cavoli, a cura di Carla Petrotta, Lestoille ed. 77, si può vedere il repertorio a cura di Laura Modini “L’occhio delle donne. Le registe e i loro film 1896-1996” edito dall’Associazione Lucrezia Marinelli, Sesto S. Giovanni corredato da una filmografia dettagliata e parti dell’autobiografia.

Nel 2008 una nuova edizione dell’autobiografia di Alice Guy è stata curata dalla prof. Monica dall’Asta, per la Cineteca di Bologna. Alice Guy. Memorie di una pioniera del cinema corredata da belle foto, un’appendice di rari documenti inerenti in particolare il periodo americano del suo lavoro ed un elenco dei film attribuiti e censiti.

Informazioni dettagliate al sito Women’s Film Pioniers Project


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